Empatia e autismo

In questa pagina: 

  • I protagonisti: Alvin Goldman
  • Lo specchio empatico
  • I protagonisti: Vilayanur Ramachandran
  • "Specchi infranti"- neuroni specchi e autismo
  • Marionette amiche dell'autismo

I protagonisti: Alvin Goldman

Fonte: http://fas-philosophy.rutgers.edu/goldman/


Alvin Ira Goldman è nato nel 1938 a New York.
È un noto filosofo americano attualmente professore pressoil dipartimento di Filosofia al Centro di Scienze Cognitive alla Rutgers University in New Brunswick (New Jersey).
Nel 1965 ha ottenuto il suo dottorato di ricerca alla Princeton University per poi lavorare prima all'Università del Michigan fino al 1980.
Ha svolto per tre anni il rulo di docente ordinario presso l'Università dell'Illinois a Chicago per poi trasferirsi presso l'Università dell'Arizona.
Ha attuato ricerche in vari campi, tra cui l'epistemologia, la filosofia della mente e le scienze cognitive, ma ha dato contributi significativi anche in molti argomenti filosofici.
Goldman si è affermato come esponente della filosofia analitica. In particolare è intervenuto nel dibattito sul concetto di azione, difendendo una concezione causale dell'azione e proponendone una discussa analisi non riduzionista come evento causato da desideri e credenze. Questa sua visione dell'azione lo pone in contrapposizione alle influenti tesi di Donald Davidson, il quale sostiene che il comportamento umano, può essere spiegato nello stesso senso di “spiegazione” usato dalle scienze naturali nel descrivere gli eventi fisici. In seguito A.I.Goldman si è occupato della teoria della conoscenza, avanzando argomenti a favore della cosiddetta teoria affidabilista (reliability theory), secondo cui una credenza è autentica conoscenza allorché deriva da processi cognitivi affidabili. La precisazione dei meccanismi di tali processi lo ha poi condotto allo studio dei modelli elaborati nella scienza cognitiva. Sempre nell'ambito della teoria della conoscenza ha cercato di dimostrare come il riconoscimento dei fattori sociali nell'acquisizione della conoscenza non comporti l'abbandono di criteri cognitivi basati sulla nozione di verità e sul realismo, prendendo pertanto posizione contro le tendenze postmoderniste. Le sue opere principali sono le seguenti: A theory of human action (1970); Epistemology and cognition (1986); Empirical knowledge (1988); Liaisons. Philosophy meets the cognitive and social sciences (1992); Philosophical applications of cognitive science (1993; trad. it.1996); Knowledge in a social world (1999); Pathways to knowledge: private and public (2004); Simulating minds: the philosophy, psychology, and neuroscience of mindreading(2006).
“A theory of human action”, una versione rivisitata della sua tesi di dottorato, presenta un modo sistematico di classificazione relativa alle molte azioni che gli uomini svolgono in ogni momento. L'influenza di questo manuale è stata ampia e si può trovare tra gli altri nel libro “ Theory of Giustice” di John Rawl.
Potete trovare informazioni sulle sue varie pubblicazioni nel suo sito: http://fas-philosophy.rutgers.edu/goldman/


Lo specchio empatico 


Per secoli filosofi, antropologi, sociologi si sono arrovellati per capire cosa avviene nella testa dell'essere umano quando comprende le azioni di un suo simili. Forse questa domanda dalla quale si sono costituite intere scuole di pensiero, ora avrà una risposta: la risposta potrebbe risiedere nell'attivazione dei neuroni specchio.
Infatti ad ogni corrente filosofica che cercasse di spiegare l'empatia mancava una verifica empirica, una risposta supportiva data dalla biologia, che ora secondo Rizzolatti c'è grazie alla scoperta di questi neuroni.
Secondo il ricercatore di Parma infatti i NS si “accendono” sia quando compiamo un’azione, sia quando la osserviamo mentre è compiuta da altri. I neuroni dell’osservatore “rispecchiano” quindi ciò che avviene nella mente del soggetto osservato, come se, a compiere l’azione, fosse l’osservatore stesso.
Perciò l'individuo comprende il comportamento altrui perché automaticamente esperito, come sostengono Gallese e Goldman nel loro celebre articolo “Mirror neurons and the simulation theory of mind-reading” pubblicato nel 1998.
In questo articolo i due studiosi sostengono che i neuroni specchio, attraverso il rispecchiamento, cioè attraverso la simulazione nel nostro cervello delle esperienze provate dalle altre persone, permettono di comprendere a fondo ciò che queste provano. Il rispecchiamento consente di raggiungere la massima comprensione e sintonia empatica, e questa capacità di rispecchiare gli stati interni dell’altra persona assume un’importanza fondamentale nelle relazioni d’aiuto, tanto più che può essere appresa e sviluppata.
Dato che il processo di rispecchiamento è immediato non si può parlare di imitazione, ma di comprensione diretta, esperienza interiore che si traduce in azione senza la mediazione dell’astrazione logica. Questa scoperta potrebbe spiegare il fenomeno dell’empatia rivelandone una base biologica, dal momento che le strutture neuronali coinvolte (i neuroni specchio per l'appunto) quando noi proviamo determinate sensazioni ed emozioni sembrano essere le stesse che si attivano quando attribuiamo a qualcun altro quelle “stesse” sensazioni ed emozioni, consentendoci di cogliere il vissuto altrui. Grazie ai meccanismi di rispecchiamento e simulazione, l’altro è vissuto come un “altro sé”.
Questo suggerisce l’ipotesi che ciò che l’altro prova non viene dedotto o ricostruito, ma sperimentato al proprio interno e contemporaneamente percepito come appartenente all’altro grazie ai neuroni specchio. L’altro è dentro il percepente, ma è sentito come separato.
Se quindi i neuroni specchio svolgono una funzione “empatica”, il loro malfunzionamento potrebbe spiegare alcune forme di autismo. Infatti uno degli aspetti fondamentali di chi soffre di disturbi dello spettro autistico, sta proprio nella mancanza di empatia di queste persone.

Fonti:
http://www.unipr.it/arpa/mirror/pubs/pdffiles/Gallese/Gallese-Goldman%201998.pdf ( “Mirror neurons and the simulation theory of mind-reading”)


I protagonisti: Vilayanur Ramachandran

Fonte: Wikipedia


Vilayanur S. Ramachandran è un neurologo indiano, laureato in medicina alloStanley Medical College a Madras, in India, e ha conseguito il dottorato di ricerca al Trinity College dell'Università di Cambridge. 
 Attualmente è professore di neuroscienze e psicologia all'Università della California a San Diego, inoltre è direttore del Center for Brain and Cognition, e professore aggiunto di Biologia al Salk Institute for Biological Studies.
 È membro dello All Souls College ( Oxford), del Neuroscience Institute ( La Jolla, CA), e dell'Institute for Advanced Studies in Behavioral Sciences alla Stanford University. Il suo lavoro scientifico si è concentrato, fino alla fine degli anni '80, sulla percezione visiva, utilizzando i metodi della psicofisica. 
Nella seconda metà della sua carriera, Ramachandran ha rivolto la sua attenzione verso la neuropsicologia cognitiva e, in particolare, verso un insieme di sindromi neurologiche poco studiate.
 Nel corso della sua carriera scientifica, Ramachandran ha pubblicato oltre 120 articoli. Nel 2012 ha ricevuto il premio Scienza e letteratura-Merck Serono per il libro “L'uomo che credeva di essere morto e altri casi clinici sul mistero della natura umana”. Si possono avere maggiori informazioni sul sito ufficiale : http://chip.ucsd.edu/ramabio.html


Specchi infranti” – neuroni specchio e autismo.

Fonte: http://www.oltrelebarriere.net/3956/e-nata-per-i-bambini-autistici-una-nuova-metodologia-riabilitativa-basata-sui-neuroni-specchio/


L’autismo rientra nei disturbi pervasivi dello sviluppo, un insieme di disturbi caratterizzati dalla compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo: più precisamente nella capacità di interazione sociale reciproca, capacità di comunicazione e presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate.

Questo disturbo dello sviluppo venne scoperto nel 1940, indipendentemente dallo psichiatra americano Leo Kanner e dal pediatra austriaco Hans Asperger. Entrambi diedero alla sindrome lo stesso nome: autismo (dal greco autòs, “sé”). Recentemente i medici lo hanno definito come “disordine dello spettro autistico”, in quanto questa malattia presenta diverse forme, tra loro correlate, che variano per gravità ma sono accomunate da caratteristiche comuni.

Attribuito in passato a un trattamento particolarmente freddo e distante da parte dei genitori, l’autismo viene ora considerato quasi con certezza una condizione organica innata, probabilmente di origine genetica. Di cui, attualmente, non si dispone ancora di una cura.

Sin dai primi anni di vita, i bambini autistici mostrano fondamentalmente tre tipi di problemi psicologici:

  • Incapacità di istaurare relazioni sociali normali;
  • Anomalie e ritardi nello sviluppo linguistico;
  • Pattern di comportamento ritualistico e ripetitivo.
Che relazione ha questa malattia con la scoperta, fatta dai ricercatori dell’Università di Parma, dei neuroni specchio?
A partire dalla fine degli anni novanta nel laboratorio dell’Università della California a San Diego (UCSD) si cominciò ad indagare sul legame tra autismo e questa classe di neuroni. A capo di questo progetto troviamo il neurologo indiano Vilayanur S. Ramachandran. Se il sistema dei neuroni specchio è implicato nell’interpretazione di intenzioni complesse, allora l’interruzione di questi circuiti spiegherebbe l’assenza di capacità sociali che si riscontra negli autistici. Le altre caratteristiche della malattia, quali difficoltà linguistiche, mancanza di empatia e comportamenti ritualistici sono dunque fenomeni che ci si aspetterebbe di osservare con un mal funzionamento dei neuroni specchio.

Per dimostrare una disfunzione dei neuroni specchio nei bambini autistici questi studiosi trovarono un modo per controllare l’attività delle cellule nervose attraverso l’utilizzo dell’elettroencefalogramma (EEG). Questo strumento misura “l’onda mu” che è bloccata ogni volta che una persona compie un movimento muscolare volontario ma anche quando osserva un altro compiere la stessa azione. Da qui l’ipotesi che la soppressione dell’onda mu potesse essere un ottimo mezzo per individuare l’attività dei neuroni specchio.

I primi studi, avvenuti su un bambino con un lieve danno cognitivo, avevano mostrato che l’onda mu era bloccata quando eseguiva un movimento volontario proprio come nei bambini non affetti da disturbi dello spettro autistico. Ma quando egli osservava un altro compiere quell’azione la soppressione non avveniva. Le conclusioni furono che il sistema di comando motorio del bambino era intatto ma che al contrario era insufficiente il suo sistema dei neuroni specchio. Vennero poi condotti una serie più sistematica di esperimenti su dieci individui con autismo e altri dieci soggetti di controllo.

Altri ricercatori hanno confermato questi risultati utilizzando differenti tecniche di monitoraggio dell’attività neuronale.
Considerati complessivamente, questi risultati ci persuadono dal pensare che il sistema dei neuroni specchio in soggetti autistici sia alterato. Non si sa ancora quali fattori di rischio, se genetici o ambientali, influiscano sul mancato sviluppo di questi neuroni; sta di fatto che questa ipotesi predice sintomi che sono propri dell’autismo


Potete ascoltare una spiegazione del funzionamento dei neuroni specchio e delle implicazioni con la sindrome autistica, qui; si tratta di una lezione tenuta da Ramachandran nel novembre 2009.
 


Fonti:
Rivista mensile “le scienze” del 12/2006(pag 55-69);





Marionette amiche dell’autismo: un nuovo modo per affrontare questo disagio.

Per un bambino autistico comprendere le emozioni altrui è molto difficile, Emmanuelle Rossini Drecq, vuole proporci una nuova metodologia per sopperire a questo disagio.
Emmanuelle Rossini Drecq, ergoterapista, docente e ricercatrice del Dipartimento sanità della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) ha deciso di mettere appunto questo nuovo progetto di ricerca basato sull’interazione dei bambini con marionette (pupazzi animati) denominato SAS (Sviluppo Abilità Sociali). 
La ricerca, ha ottenuto il finanziamento del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS Dore) e sarà condotto in stretta collaborazione Svizzera/Italia.
Il metodo SAS consiste in attività di piccoli gruppi, in contesti simili alla vita quotidiana. 
Con il gioco delle marionette, alle quali si può cambiare l’espressione del volto, i bambini hanno la possibilità di simulare situazioni differenti in modo da cogliere le corrispondenze con la realtà e migliorare, dunque, la loro capacità di relazione con il mondo. Il campione dello studio sarà costituito da 36 bambini con disturbi dello spettro autistico, 24 seguiti con il metodo SAS e 12 con metodi tradizionali.
 A questi sarà affiancato un gruppo di confronto di 20 bambini senza autismo. La sperimentazione coinvolgerà tre gruppi di bambini, differenziati per età.
La grande differenza rispetto ad altri interventi è quella di aver posto maggiormente l’attenzione sulla cognizione sociale, invece che sulle competenze sociali.
 La cognizione sociale implica la capacità di impegnarsi in relazioni interpersonali e di comprendere i pensieri e le emozioni altrui.
La grande sfida che si propone questo progetto è quella di riuscire, in qualche modo, a trasferire le abilità apprese dai bambini nella vita quotidiana e nelle interazioni di tutti i 
giorni.

Fonte: http://mamma.pourfemme.it/articolo/autismo-un-aiuto-arriva-dalle-marionette/8443/









1 commento:

  1. Le situazioni empatiche e le relative dimostrazioni biologiche;forse dimentichiamo con estrema facilità tutti quegli elementi definiti "meditazione "i quali comprendono le diverse forme di meditazione note e meno note presenti in tutti popoli che dimostrano gli elementi empatici citati
    è possibile ,sentire, dedurre l'altro ,dipende in parte dalle facoltà mentali esercitate e sviluppate
    alcuni soggetti esercitano capacità sviluppate di meditazione che li predispone ,altri le sviluppano attraverso esercizi non sempre raggiunti.
    le religioni tracciano di fatto con definizioni di comunicazione spirituale gli elementi empatici.

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