Negli anni ’80 e ’90
Giacomo Rizzolatti, insieme a Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese, stava
studiando l’area F5 della corteccia del
macaco, presso l’Università degli Studi di Parma. Quest’area del
cervello è parte della corteccia premotoria (o corteccia frontale inferiore),
cioè la zona dove avviene la programmazione del movimento e che si attiva
perciò qualche millisecondo prima dell’area motoria. L’equipe di Rizzolatti
mirava in particolare a conoscere i
meccanismi neurofisiologici alla base dei movimenti della mano, per
studiare le possibilità di recupero in pazienti con lesioni neurologiche.
Lo studio
avveniva utilizzando macachi a cui erano stati inseriti, in singoli neuroni
della corteccia premotoria, elettrodi finissimi collegati a un amplificatore
acustico. Ogni volta che i neuroni si attivavano si udiva il suono dei neuroni che “scaricavano”. Durante l’esperimento, gli scienziati
registravano l’attività dei neuroni quando alla scimmia era permesso di
prendere del cibo, così da misurare la risposta neuronale a specifici
movimenti. Durante una pausa dell’esperimento, mentre la scimmia era seduta
immobile, un ricercatore ha allungato la mano verso una banana e
inaspettatamente i neuroni della scimmia hanno scaricato con la medesima
intensità e durata di quando era la scimmia stessa ad afferrare il cibo.
Inizialmente gli scienziati hanno pensato di trovarsi di fronte a uno di quei
rumori di fondo che spesso “sporcano” la raccolta dei dati. Ma ben presto si
sono accorti che questo fenomeno inspiegabile si ripeteva costantemente: i
neuroni motori della scimmia scaricavano anche quando la scimmia era immobile e
si muoveva invece il ricercatore.
I neuroni
specchio sono stati individuati e studiati con accuratezza solo nei macachi: in
queste scimmie si trovano nella regione frontale inferiore (F5) e nel lobo
parietale inferiore. La funzione dei neuroni specchio nei macachi, però, non è
stata compresa appieno: infatti si pensa che essi fungano da mediatori nella
comprensione del comportamento altrui, attivandosi cioè sia quando una scimmia
compie direttamente un’azione sia quando ad essa giunge l’informazione che
qualcun altro ha compiuto la stessa azione (ad esempio attraverso rumori,
odori, suoni, ecc.). Tuttavia questa capacità imitativa è stata riscontrata,
con esperimenti successivi, solo nei cuccioli di macaco: essi possono imitare i
movimenti facciali degli umani e solo durante una finestra temporale limitata,
a differenza degli adulti che non sembrano essere in grado di imparare per
imitazione. Ciò che è sicuro è che nelle scimmie adulte i neuroni specchio
permettono loro di riconoscere l’azione di un’altra scimmia.
(Vedi il video: Quando fare linguacce alle scimmie è fare scienza)
A differenza dei
macachi, negli uomini non è possibile studiare i singoli neuroni: si possono
solo osservare le loro attivazioni attraverso variazioni nel flusso sanguigno
dovute ad esse. Tuttavia, i risultati degli esperimenti effettuati con tecniche di brain imaging e di
fMRI hanno dimostrato che la corteccia parietale inferiore e quella frontale
inferiore sono entrambe attive sia quando una persona compie un’azione sia
quando vede qualcun altro compiere la stessa azione. Il che significa che
quando il macaco o l’uomo vedono compiersi
un’azione, nella loro area premotoria si attiva il pattern motorio necessario
al compimento dell’azione, si verifica cioè una “simulazione interna” del
movimento osservato. Gli scienziati hanno, così, dedotto che in queste regioni
si trovino neuroni specchio e le hanno definite come il sistema specchio
nell’uomo.
Fonti:
· http://www.lescienze.it/news/2012/07/06/news/il_valore_soggettivo_secondo_i_neuroni_specchio_2_-1137737/
·
Mirror Neurons, A compilation of articles and news stories from
around the world, book excerpts, concepts, key phrases & brief
explanations. Originally compiled on November 12, 2006 by Teka Luttrell,
www.soulconnection.net
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