sabato 17 novembre 2012

La scoperta dei neuroni specchio a Parma


Negli anni ’80 e ’90 Giacomo Rizzolatti, insieme a Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese, stava studiando l’area F5 della corteccia del  macaco, presso l’Università degli Studi di Parma. Quest’area del cervello è parte della corteccia premotoria (o corteccia frontale inferiore), cioè la zona dove avviene la programmazione del movimento e che si attiva perciò qualche millisecondo prima dell’area motoria. L’equipe di Rizzolatti mirava in particolare a conoscere i  meccanismi neurofisiologici alla base dei movimenti della mano, per studiare le possibilità di recupero in pazienti con lesioni neurologiche.

Lo studio avveniva utilizzando macachi a cui erano stati inseriti, in singoli neuroni della corteccia premotoria, elettrodi finissimi collegati a un amplificatore acustico. Ogni volta che i neuroni si attivavano si udiva il suono dei  neuroni che “scaricavano”.  Durante l’esperimento, gli scienziati registravano l’attività dei neuroni quando alla scimmia era permesso di prendere del cibo, così da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti. Durante una pausa dell’esperimento, mentre la scimmia era seduta immobile, un ricercatore ha allungato la mano verso una banana e inaspettatamente i neuroni della scimmia hanno scaricato con la medesima intensità e durata di quando era la scimmia stessa ad afferrare il cibo. Inizialmente gli scienziati hanno pensato di trovarsi di fronte a uno di quei rumori di fondo che spesso “sporcano” la raccolta dei dati. Ma ben presto si sono accorti che questo fenomeno inspiegabile si ripeteva costantemente: i neuroni motori della scimmia scaricavano anche quando la scimmia era immobile e si muoveva invece il ricercatore.
Quando la scimmia vede che viene afferrato un oggetto che per lei ha valore (in alto) si ha una forte risposta dei neuroni specchio. L'attivazione è minima se considera l'oggetto privo di valore (al centro) e intermedia se è lei ad prenderlo. (Cortesia Vittorio Caggiano et al./PNAS) Fonte: http://www.lescienze.it/news/2012/07/06/news/il_valore_soggettivo_secondo_i_neuroni_specchio_2_-1137737/

I neuroni specchio sono stati individuati e studiati con accuratezza solo nei macachi: in queste scimmie si trovano nella regione frontale inferiore (F5) e nel lobo parietale inferiore. La funzione dei neuroni specchio nei macachi, però, non è stata compresa appieno: infatti si pensa che essi fungano da mediatori nella comprensione del comportamento altrui, attivandosi cioè sia quando una scimmia compie direttamente un’azione sia quando ad essa giunge l’informazione che qualcun altro ha compiuto la stessa azione (ad esempio attraverso rumori, odori, suoni, ecc.). Tuttavia questa capacità imitativa è stata riscontrata, con esperimenti successivi, solo nei cuccioli di macaco: essi possono imitare i movimenti facciali degli umani e solo durante una finestra temporale limitata, a differenza degli adulti che non sembrano essere in grado di imparare per imitazione. Ciò che è sicuro è che nelle scimmie adulte i neuroni specchio permettono loro di riconoscere l’azione di un’altra scimmia.

A differenza dei macachi, negli uomini non è possibile studiare i singoli neuroni: si possono solo osservare le loro attivazioni attraverso variazioni nel flusso sanguigno dovute ad esse. Tuttavia, i risultati degli esperimenti  effettuati con tecniche di brain imaging e di fMRI hanno dimostrato che la corteccia parietale inferiore e quella frontale inferiore sono entrambe attive sia quando una persona compie un’azione sia quando vede qualcun altro compiere la stessa azione. Il che significa che quando il macaco o l’uomo  vedono compiersi un’azione, nella loro area premotoria si attiva il pattern motorio necessario al compimento dell’azione, si verifica cioè una “simulazione interna” del movimento osservato. Gli scienziati hanno, così, dedotto che in queste regioni si trovino neuroni specchio e le hanno definite come il sistema specchio nell’uomo.       
                    
A detta di Rizzolatti, il motivo per cui i neuroni specchio hanno suscitato tanto interesse è che danno un’ interpretazione unitaria della percezione dell’azione: cioè un meccanismo che unifica quello che fanno gli altri con le capacità degli uomini, che unifica quindi il mondo del “cervello che capisce” e quello del “cervello che sa fare”. "I neuroni specchio ci insegnano che alla base dell' apprendimento c'è l'azione, esistono due tipi di conoscenza: una è scientifica, oggettiva, l'altra è esperienziale. Questa è la nostra vera conoscenza, quella basata sul sistema motorio e sulle nostre esperienze" sostiene il Prof. Rizzolatti. Un vero e proprio cambiamento di paradigma scientifico rispetto al modello classico delle scienze cognitive che si basano invece sugli aspetti percettivi e dunque sul "vedere".           In questi ultimi anni la ricerca si è indirizzata verso due campi in particolare: da una parte l’autismo, in quanto si pensa che nei bambini affetti da questa malattia i neuroni specchio non funzionino correttamente perché la loro conoscenza motoria è deficitaria; dall’altra verso la possibilità di mantenere in vita le sinapsi in persone che hanno avuto dei problemi cerebrali (e che quindi non possono muoversi) mediante particolari filmati, che attivano il sistema motorio. L’altro aspetto più sociologico derivante da questa scoperta è stata la dimostrazione che esiste un meccanismo biologico che mette in contatto noi e gli altri, che ci sta fare bene con le altre persone.      




Fonti:
·         Mirror Neurons, A compilation of articles and news stories from around the world, book excerpts, concepts, key phrases & brief explanations. Originally compiled on November 12, 2006 by Teka Luttrell, www.soulconnection.net

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