Specchi e società

In questa pagina:
  • Lo sbadiglio sociale
  • Neuroni specchio e robotica
  • Nuove frontiere: il "Mirror marketing"

Lo sbadiglio sociale

Scommettiamo che dopo aver letto poche righe di questo post, vi verrà voglia di sbadigliare! Non perché vi annoieremo (o almeno così speriamo!), ma perché basta pensare a uno sbadiglio, o vedere una persona che sbadiglia, per attivare questa reazione spontanea. Quel che è peggio è che trattenersi fa male, come sostiene Pietro Sarzarulo, professore ordinario di Psicologia generale a Firenze.

Lo sbadiglio fisiologico è una reazione che nasce nel cervello già dai primi giorni, dalla dodicesima settimana prenatale. Compare a riposo, prima o dopo il sonno e prima o dopo i pasti, e dura in media 6 secondi, ma a volte raggiunge e supera i 10 secondi. La lenta apertura della bocca, accompagnata da una profonda inspirazione e da uno stiracchiamento, consente di introdurre ossigeno nei polmoni (quindi nel sangue), aumenta il tono muscolare e il livello dell'attività cerebrale. Durante un viaggio in aereo, inoltre, le profonde ispirazioni  sono un rimedio contro gli sbalzi della pressione atmosferica che otturano le orecchie: infatti l’aria che entra dalla bocca contrasta con quella che preme sui timpani, stappando le orecchie.

Fonte: www.livelloalfa.com/perch%C3%A8_sbadigliamo.htm
Lo sbadiglio è un comportamento riscontrato in molti vertebrati, come nei pesci, nei topi, nelle lucertole e nei rettili, ma anche negli uccelli, nelle scimmie e in molti mammiferi. Soltanto negli uomini, però, si è riusciti a dimostrare che sbadigliare è contagioso. Lo psicologo Steven Platek, della Drexel University di Philadelphia, ha infatti dimostrato che la causa per cui si sbadiglia è, per così dire, emozionale o sociale: ovvero dipenderebbe dai neuroni specchio.
 
Lo sbadiglio può essere considerato come una comunicazione non verbale che sincronizza il comportamento del gruppo su situazioni sgradevoli ma non pericolose, attivando le stesse vie nervose dell’ empatia, di cui è un’espressione primaria. Grazie a questa reazione spontanea, i membri di un gruppo possono comunicare implicitamente agli altri informazioni sul loro stato fisico e psichico (fame, sonno, noia) e in questo modo sono in grado di comprendere  meglio le notizie trasmesse.

Fonte: www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=6686&p=&idmenumain=0
Come dicevamo inizialmente, sbadigliare è contagioso (basta solo il pensiero!) e noi uomini diventiamo sensibili a questa contagiosità solo a partire dai 5/6 anni, anche se sbadigliamo dalla nascita. C’è da dire, inoltre, che tutti gli animali sbadigliano, ma solo macachi e scimpanzè ne sentono la contagiosità: ciò significa che lo sbadiglio è contagioso solo nei cervelli più evoluti.  Infine, la contagiosità dello sbadiglio presuppone un’ intatta capacità sociale del soggetto; proprio per la mancanza di quest’ultima, schizofrenici e autistici sbadigliano poco.  L’empatia riesce a spiegare questa reazione spontanea perché proprio quando qualcuno sbadiglia vicino a noi si attivano i neuroni a specchio (cellule del cervello che si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando vediamo altri compierla). Così come appena notiamo una persona che porta a fatica degli scatoloni pesanti, i nostri mirror neurons si attivano per metterci nei suoi “panni motori” , così accade con lo sbadiglio.


Fonti:



 Neuroni specchio e robotica


    Tra i tanti campi di influenza dei neuroni specchio troviamo anche l’interazione uomo-macchina: infatti per creare tecnologie sempre più a misura d’uomo (e sempre più empatiche) ogni scoperta sul funzionamento percettivo e cognitivo è fondamentale.

    Team internazionali di ingegneri, neuroscienziati, psicologi e informatici si stanno dedicando, in particolare, alla costruzione di un cervello artificiale che sia il più simile possibile a quello umano. Per farlo, progettano software sempre più complicati in grado di riprodurre l’attività dei neuroni specchio, per rendere l’interazione uomo-macchina ancora più naturale. Ovviamente la strada verso questa conquista è ostacolata da molti fattori, quali il miglioramento dei materiali usati e dell’alimentazione; per non dimenticare il fatto che nei robot il numero di connessioni che simulano i neuroni è limitato. Al momento le prospettive offerte dalla robotica per lo sviluppo della scienza della mente sono ancora sostanzialmente potenziali e non ancora realizzate, anche se i progressi risultano costanti.

(immagini tratte dagli esperimenti di Ramachandra: confronto tra l'azione di una mano robotica e di una umana)
  Tra queste prospettive vi è la preparazione di un test per la valutazione su utente di robot antropomorfi: infatti l’industria robotica sta affrontando il problema della ricerca di nuove fasce di mercato per questi robot (ad esempio, robot che facciano da badanti agli anziani). A tal proposito diventa fondamentale che l’interazione uomo-macchina sia socialmente ottimale.

   Il famoso neuroscienziato indiano V.S. Ramachandran ha, quindi, ideato alla University of California il “test di Turing” per lo sviluppo di robot antropomorfi. L’obiettivo del test è di utilizzare l’elettroencefalogramma (EEG) per capire se l’utente che sta guardando un robot lo percepisce nello stesso modo  in cui percepirebbe un essere umano. Se, ad esempio, abbiamo sviluppato diversi prototipi  di robot (con 3 dita oppure con 5 dita, con tipi diversi di faccia, ecc) sceglieremo quelli che, di fronte a un utente, faranno attivare (o saltare, come direbbe Rizzolatti) i neuroni specchio: solo questi saranno robot potenzialmente sociali.
 


     
   Per ulteriori informazioni sull'argomento e un ripasso sui neuroni specchio, vi proponiamo il podcast di una puntata di NovaLab 24, trasmissione di Radio 24, del 27 novembre 2009: vengono intervistati Giacomo Rizzolatti (docente di Fisiologia umana all'Universita' di Parma), Pietro Pfanner (neuropsichiatra infantile) e Luca Chittaro (professore di Interazione Uomo-Macchina presso l'Università di Udine).
   Podcast NovaLab24 

      Fonti:



Nuove frontiere: il "Mirror marketing"


      Definiamo innanzitutto che cos’è il marketing. Con questo termine intendiamo tutte quelle azioni aziendali riferibili al mercato destinate al piazzamento di prodotti, considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione finanziaria. 
    Nel marketing è, dunque, fondamentale riuscire a creare situazioni, immagini, atte a generare sensazioni e stati d’animo tali da indurre il potenziale cliente a desiderare quell’oggetto o quel servizio. Le parole chiave sono: MOTIVAZIONE e COINVOLGIMENTO. La scoperta del meccanismo specchio ascrive una base neurale al processo di apprendimento per modelli che ha efficacia quando l’individuo è motivato e si sente coinvolto. Strategie di marketing efficaci sono quelle in grado di evocare questi fattori in modo creativo.
    Nella pubblicità è importante stimolare i neuroni specchio nel modo corretto, che è quello esattamente congruente a ciò che il committente si è prefissato. Altrimenti, si riduce di molto il target potenziale di clientela.
    I messaggi che i mass media scelgono di dare non sono casuali. Oggi abbiamo la consapevolezza che la qualità delle informazioni che inviamo produce significative reazioni sulle persone. Ogni informazione recepita in modo completo produce degli effetti, e questo la dice molto lunga su quella che è la responsabilità sociale che ognuno di noi ha. In quest'ottica si inserisce anche il seminario Neuroni specchio, performing media e societing. Il sistema dello spettacolo come specchio della società, organizzato dal professore Carlo Infante a Roma lo scorso novembre. Trovate qui il video di presentazione del seminario.

 

        Fonti:


 

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